venerdì 21 agosto 2009

fonte: http://guevina.blog.espresso.repubblica.it/resistenza/2009/08/la-bont%C3%A0-che-ci-impoverisce.html

Siamo stati così generosi da toglierci la democrazia di bocca? Abbiamo fatto davvero un ottimo lavoro in Afghanistan, è orgoglioso persino Fassino, immaginate quindi la soddisfazione di questo governo, auto dichiaratamente guerrafondaio. Grandi titoli e molti inviati per raccontarci come le urne siano costate solo 26 morti. Troppi inviati a dirci che la democrazia l’abbiamo piazzata come il pesce al mercato. Giusto ieri, invece, ci ricordavano che una guerra ha bisogno di uomini e di mezzi, e che in guerra si deve uccidere.

Io lo dico da molto: abbiamo esportato così tanta democrazia che ce la siamo tolta di bocca, rimanendone sprovvisti.

Il Viminale è scettico sulla morte di 73 esseri umani eritrei, che nessun peschereccio italiano ha voluto o potuto vedere in mezzo al mare. Ci interessa troppo far togliere il burqua alle donne afghane, sconvolgere equilibri che, nel bene o nel male, da sempre regolamentano la vita di un popolo, ci interessa troppo la produzione dell’eroina, ci interessano ancora di più i territori in cui far passare i gasdotti. Non possiamo fermarci a pensare che grazie alle leggi di stampo nazi fascista approvate recentemente in Italia, ci sia anche chi è costretto a fare finta di non vedere un centinaio di persone che naufragano lentamente verso la morte certa.

Malta intanto inizia a recuperare qualche cadavere, del quale noi non sentiremo la puzza, e che quindi facilmente scorderemo già da domani, quando verremo bersagliati da nuove e terrificanti dichiarazioni leghiste, che probabilmente vieteranno agli extraterrestri, una volta giunti in Italia di mangiare ratti e piccioni, di indossare le loro pelli da rettile. Ci sarà borghezio pronto a dichiararsi favorevole al porto d’armi per chi volesse una pistola faser. Intanto di migranti non si parla più, perché il problema è stato risolto dai proclami di questa classe dirigente ignorante e populista, fascista nel più becero dei modi che da tempo ha capito a quale grado di indifferenza e stupidità sia arrivato questo popolo italiota.

Tutti pronti a voler denudare le donne mussulmane, come se questa fosse la libertà dell’essere donna, e nessuno (o troppo pochi) pronti ad indignarsi veramente quando si comprende che per questo stato, la vita umana non vale proprio un cazzo.


73 esseri umani sono morti oggi, volevano essere liberi di vivere.

Fonte: www.repubblica.it


Ancora una volta Silvio Berlusconi tenta il gioco di prestigio: con un colpo di magia prova a fare scomparire la realtà. O almeno a colorarla con la vernice dei sogni. Sogni italiani, sogni casalinghi, sogni isolani. Da Villa Certosa, circondato da figli e nipotini, si mostra in una serie di foto ritoccate che gli tolgono dieci anni, e rilascia agli italiani la sua versione.

C'è una strategia ben precisa: ribattere il chiodo con sicurezza, in modo che l'Italia berlusconiana, e anche l'opinione pubblica più o meno neutrale, si rafforzi nell'idea che il premier è puro come un giglio. Naturalmente ciò che ha detto nell'intervista rilasciata a Chi, settimanale di proprietà, è stato studiato e calcolato con attenzione certosina. Il premier sostiene di non avere mai intrecciato ""relazioni" con minorenni" e di non avere mai "organizzato "festini"". Le sue cene, "simpatiche" erano "ineccepibili sul piano della moralità e dell'eleganza". Infine, spiega Berlusconi, "non ho mai invitato consapevolmente a casa mia persone poco serie".

Si tratterebbe innanzitutto di capire che cosa significa quell'avverbio "consapevolmente". Vuol dire che "inconsapevolmente" persone poco serie sono state ospiti di Palazzo Grazioli e di Villa Certosa? È un'ammissione involontaria? In ogni caso va messo agli atti che il premier insiste con la strategia delle verità distorte.

Indifferente a tutto, alle registrazioni con le escort e alle conversazioni telefoniche con il procacciatore Giampaolo Tarantini, Berlusconi modella il proprio racconto accusando i suoi nemici di avere montato un castello di "calunnie". Questa sottrazione di realtà gli viene facile perché da quando è emerso lo scandalo della prostituzione di regime i media televisivi controllati politicamente hanno fatto il possibile per imboscarlo. Il Cavaliere può raccontare a cuor leggero che anche la Cei e il suo organo di stampa, Avvenire, sono caduti nella trappola allestita dai suoi avversari, e che l'intero mondo cattolico è stato ingannato da un cumulo di bugie e di notizie false ai suoi danni.

Fin qui non c'è da stupirsi. Sono settimane che il premier si aggrappa ostinatamente alla sua versione, sicuro che la gente si convincerà che tutte le chiacchiere su di lui sono semplicemente gossip, pettegolezzo, calunnia, un caso di malevolenza politica organizzata. Ma forse per capire meglio la tattica berlusconiana è opportuno mettere a fuoco anche gli strumenti mediatici a cui è ricorso. Le foto famigliari pubblicate da Chi sono di impressionante chiarezza nelle intenzioni: si rilascia un'intervista a un settimanale popolare, per comunicare all'Italia del popolo e al Popolo della libertà che Berlusconi è un'immagine sacrale, un politico senza macchia. Le immagini con il nipotino di 22 mesi, o quella pensosa nello studio privato di Villa Certosa, intendono rappresentare il profilo di una figura esemplare e incorrotta, legatissimo alla famiglia nonostante le pratiche del divorzio da Veronica Lario, dopo "una vera storia d'amore" durata trent'anni.

Il "Nonno Superman", come lo chiamano in modo impegnativo i nipoti, non esita a proporsi come una figura insieme ricchissima e popolare, una guest star del suo giornale, del suo impero economico, di un'estate da favola. Non ci sono tabù estetici nello stile di un protagonista che impone la sua presenza dichiarandola insostituibile. Lo si riscontra osservandolo accanto a una fontana dal curioso stile assiro-nuragico, ma ciò che colpisce è il contesto di contenuto e di immagini del giornale domestico. Basta girare qualche pagina, infatti, e la figura del premier cede il passo alle specialità di un settimanale di pettegolezzi: gli spettacolari tatuaggi del macho Fabrizio Corona, le confessioni dell'ex tronista Costantino Vitagliano, le carezze hot tra Federica Pellegrini e il suo fidanzato Luca Marin.

Tutto questo potrebbe apparire una caduta nel trash, ma il giudizio sarebbe impreciso. Come sempre quando si trova in difficoltà, Berlusconi inventa la sua realtà virtuale, e cerca di uscire dalla trappola con un volteggio da acrobata. Inventa un mondo a colori che sorprende il pubblico, genera ammirazione, suscita solidarietà nei fan. Il berlusconismo non è semplicemente una patina di glamour su una modalità di vita. È una filosofia: una visione che mescola bugie, propaganda politica, interessi privati, fascino della ricchezza, costruzione dell'immagine, manipolazione delle opinioni. Con l'idea che in fondo, e in genere, Berlusconi siamo noi. O che dovremmo essere con lui. Che la società italiana deve accettare la mitologia creata da un capo benevolo e ferito dalla perfidia dei nemici. Di nuovo è "una storia italiana", come si intitolava l'epopea illustrata del berlusconismo. E anche questa volta smontare l'inganno non è facile, in un paese dominato dal conformismo e dalla sicurezza tracotante con cui i media padronali e di Stato si sono impegnati a occultare la realtà.

mercoledì 19 agosto 2009

RIDERE DI SGARBI è UN REATO !?!?

(19/08/2009) - Dopo le minacce al Sindaco della Città di Salemi Vittorio Sgarbi, gli strani segnali contro il Vice Sindaco Antonella Favuzza, le teste di maiale e i cani morti recapitati sotto gli uffici comunali e le tante telefonate anonime, il Ministero dell’Interno, attraverso la Prefettura di Trapani, ha assicurato a Sgarbi una scorta sotto forma di tutela. Nel contempo Vittorio Sgarbi ha dato mandato ai suoi legali di denunciare Beppe Grillo per istigazione a delinquere. «Infatti tra le telefonate anonime ricevute in questi mesi - spiega Sgarbi - ne risultano alcune ispirate dal blog del modesto comico. Nello specifico, il 5 agosto sul blog di Grillo (www.beppegrillo.it) è apparsa la registrazione falsata di un popolatissimo comizio tenutosi lo scorso giugno a Rosolini (durante la campagna elettorale per le elezioni europee), dove un provocatore ubriaco – o finto tale – è stato allontanato dalla Polizia. Il comico - spiega Sgarbi - ne ha attribuito la responsabilità a me, e il suo blog si è presto riempito di centinaia di messaggi minacciosi ispirati dalla falsa notizia, così come era accaduto dopo un’analoga provocazione ad Agrigento. Osservo - aggiunge Sgarbi - di trovarmi al centro di comportamenti teppistici in ogni parte d’Italia, da parte di minoranze agguerrite e rumorose, tra una falsa mafia ed una falsa antimafia. In ogni caso – conclude Sgarbi – manifesto la difficoltà di esprimere pensieri liberi contro la devastazione del paesaggio in Sicilia attraverso l’installazione di impianti eolici e fotovoltaici, e contro la diffamazione sistematica di chi trae vantaggio dal professionismo dell’antimafia infangando la Sicilia e mortificandone le risorse»

Fonte: http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=44526&idsezione=1

Il post di Grillo è questo: RIDERE DI SGARBI E' REATO.
Lo riportiamo di seguito per intero (cliccate sull'immagine per vedere il video).

"Il comizio di Sgarbi a Rosolini è un pezzo di comicità assoluta. Imperdibile. Un pensionato seduto sotto il palco. Una piazza semi vuota. Nessuno ad ascoltarlo. Un ragazzo ha riso del suo discorso. Si è preso del drogato, del grillino, del patetico, della zucca vuota. Sgarbi ha minacciato di mangiarlo (?) vivo. Il ragazzo è rimasto in silenzio, sbalordito. A tutela della serietà di Sgarbi sono subito intervenute le forze dell'ordine. Il ragazzo è stato portato via in macchina. Per dove? E perché?!


Condivido il blog di Franca Rame
http://www.francarame.it/?q=node/370

A partire dal 1929, con la firma dei Patti Lateranensi, lo stato italiano si fa carico della dotazione di acqua per lo Stato Vaticano, in virtù dell’articolo n. 6, che al primo comma dice che "L’Italia provvederà, a mezzo degli accordi occorrenti con gli enti interessati alla Città del Vaticano un’adeguata dotazione d’acqua in proprietà".

L’Italia si fa carico da allora dei 5 milioni di metri cubi d’acqua consumati in media dallo Stato Pontificio. Per le acque di scarico, Città del Vaticano si allaccia all’Acea, ma non paga le bollette, perché non riconosce la tassazione imposta da enti appartenenti a stati terzi. In soldoni, non riconosce Acea perché è "straniera".

Quando Acea si quota in borsa nel 1999, chiede un intervento al governo italiano, che ripiana i 44 miliardi di lire di debiti relativi alla fornitura delle acque vaticane. Da quel momento, la Chiesa avrebbe dovuto farsi carico di una spesa di 4 miliardi di lire annui, ma non è andata così. Tutti i salmi finiscono in gloria, e lo Stato italiano si trova di nuovo nel 2004 a pagare il conto: tocca alla finanziaria 2005 stanziare 25 milioni di euro subito e quattro dal 2005 per dotare il Vaticano di un sistema di acque proprie.

Nel 2001 il Governo Berlusconi istituisce una commissione bilaterale per provare a dirimere la questione delle acque bendette, ma pare che ci sia poco da fare per i debiti che ACEA lamenta, il Vaticano è disponibile a pagare solo una quota di 1.100 euro, per realizzare un depuratore. STOP.

La commissione ha assicurato allo stato pontificio la dotazione d’acqua richiesta (1059 once all’anno) sempre con carattere di gratuità, come disposto dai patti lateranensi, per far fronte alle esigenze sia all’interno delle mura Lonine, che all’esterno, a beneficio delle sedi di dicasteri ed enti contrali della Chiesa, indicati dalla Santa Sede con apposito elenco, che viene aggiornato in via diplomatica. Quali e quanti siano è da scoprire. Il Vaticano comunque corrisponderà un contributo periodico in riconoscimento degli oneri connessi al trasporto dell’acqua.

Carta e penna alla mano, facendo due conti si realizza facilmente che il debito dal 1999 ad oggi ammonta a circa 52 milioni di euro.

C’è da strabuzzare gli occhi, al pensiero dell’enorme buco che lo stato italiano ha dovuto ripianare e che Acea ha tollerato, soprattutto se si confronta con un normale cittadino, che se non paga una bolletta rischia di trovarsi i sigilli sul contatore!

L’acqua è diventata un bene preziosissimo per il pianeta, a causa delle molte guerre che per essa si combattono. Nei Paesi poveri si imbracciano i fucili per avere qualche zampillo d’acqua potabile che garantisca la sopravvivenza. Nei Paesi ricchi invece il business si fa privatizzandola: comprando a poco prezzo le fonti, e rivendendo in bottiglie di plastica etichettate un "prodotto" che in realtà è un bene primario, un’esigenza per la vita della collettività.

Le grandi multinazionali e le multiutility dei comuni fanno schizzare i bilanci alle stelle vendendo l’acqua a prezzi più elevati del petrolio, ma l’acqua è soprattutto vita, bene comune dell’umanità. Ecco perché anche il Vaticano dovrebbe riconoscerle il giusto valore (se non per il debituccio…).

Non c'è più religione...come faremo?

Pubblico questi interventi che mi giungono da un'amico, la penso esattamente come lui.
Facciamo girare le informazioni qui sul web, dove il bavaglio ancora non ce l'hanno meso!




Il Tar esclude gli insegnanti di religione cattolica dagli scrutinii scolastici. I giudici, fra le motivazioni della decisione, scrivono: “Lo Stato, dopo aver sancito il postulato costituzionale dell..assoluta, inviolabile libertà di coscienza nelle questioni religiose, di professione e di pratica di qualsiasi culto “noto”, non può conferire ad una determinata confessione una posizione “dominante” – e quindi una indiscriminata tutela ed un..evidentissima netta priorità – violando il pluralismo ideologico e religioso che caratterizza indefettibilmente ogni ordinamento democratico moderno”.
Il tratto di sentenza è limpido e in perfetta sintonia con i princìpi costituzionali della Repubblica italiana. Ma i giornali, in coro, amplificano le capricciose paturnie del Vaticano. Tutti i nazionali, a piena pagina, scrivono più o meno “Ora di religione, la Cei attacca”.
La ministra della scuola Maria Stella Gelmini, escort poligama di palazzo sia del corruttore che del Vaticano, annuncia subito ricorso al Consiglio di Stato. L’ovvietà di quella sentenza non fa testo per la bresciana. Il principio che impegna la Repubblica a tutelare la libertà di coscienza anziché il dogma calato dal cielo, lei e il suo governo di puttanieri lo usa per pulirsi il fondoschiena. Gli italiani? Pensano al jackpot del Superenalotto.

Fonte: http://www.danielemartinelli.it/


Di notizie come queste che fanno rabbividire ce ne sono a decine basta pensare alle esternazioni dei leghisti (W il dialetto, semplicemente pazzesco) di Berlusconi (azioni incisive contro il crimine organizzato, ma se il primo dei mafiosi è lui!) e di chissa quanti altri di quella feccia che sta al governo.
E' ora di dire basta, qualche proposta per farli tacere? Per sempre?


Il presidente del Consiglio sputa nel piatto dove mangia e dichiara che "vorrebbe passare alla storia come uomo che ha sconfitto la mafia". Ma questo, oltre ad essere un chiaro e singolare conflitto di interessi, e' anche una presa per i fondelli degli italiani e dei veri eroi della lotta alla mafia, uomini del calibro di Falcone e Borsellino.

Come intende sconfiggere la mafia Silvio Berlusconi allevandola in casa? Prendendone il controllo dall’interno? Invitando alle sue solite cene private i vari Provenzano, Riina, De Stefano? I padrini di Cosa Nostra non li può comprare a buon prezzo come Bossi o Fini, se ci stringi un patto (di sangue) viene stralciata la clausola di risoluzione del contratto!

E poi, con quali voti pensa di fare la differenza politicamente nel Paese, il Cavalier nostrano, se non con quella dei sodali malavitosi?

Non è per caso lui che ha ospitato un assassino di Cosa Nostra in casa propria sotto le mentite spoglie di uno stalliere?

Non è per caso il suo partito un ottimo vivaio - nel presente Dell’Utri e, nel passato, Cuffaro - per uomini con forti relazioni con la criminalità organizzata?

Non è per caso proprio lui ad aver favorito con le leggi gli affari e l’incolumità dei criminali, attraverso la depenalizzazione dei reati finanziari, la contrazione dei tempi di prescrizione, l’eliminazione delle intercettazioni, il condono fiscale?

Non è per caso proprio il CDM da lui presieduto che ha deciso di non sciogliere il comune di Fondi per infiltrazioni della ‘Ndrangheta, dopo 17 arresti e più di 500 cartelle di atti giudiziari testimonianza della collusione tra la giunta Pdl e criminali organizzati?

Non è per caso lui che trattò, come ci dice la sentenza di primo grado che ha condannato a nove anni Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, con i padrini delle cosche accordi e favori economici per le sue aziende, oltre la nascita di Forza Italia?

Presidente del Consiglio, come ho scritto appena due giorni fa, il suo è il governo del “favoreggiamento alla mafia” e passerà alla storia per aver rafforzato economicamente e fatto penetrare fin nei più alti ranghi delle istituzioni il flagello della criminalità organizzata.

Riporto per non dimenticare uno stralcio della sentenza che riguarda Marcello Dell’Utri e che non leggerete mai sui giornali (leggi il testo integrale). Stampatelo e diffondetelo tra i vostri amici e conoscenti perché la menzogna si combatte con l’informazione.

"Vi è la prova che Dell’Utri aveva promesso alla mafia precisi vantaggi in campo politico e, di contro, vi è la prova che la mafia, in esecuzione di quella promessa, si era vieppiù orientata a votare per Forza Italia nella prima competizione elettorale utile e, ancora dopo, si era impegnata a sostenere elettoralmente l’imputato in occasione della sua candidatura al Parlamento Europeo nelle fila dello stesso partito, mentre aveva grossi problemi da risolvere con la giustizia perchè era in corso il dibattimento di questo processo penale."

GUARDA IL VIDEO


fonte: http://www.antoniodipietro.com/2009/08/un_conflitto_di_interessi_sing.html

mercoledì 25 febbraio 2009

Il popolo e il sentire comune (Oppo)


All’«Infedele» abbiamo sentito Mentana raccontare come è stato licenziato in tronco dall’azienda del presidente del Consiglio, per aver cercato di informare su un evento (la morte di Eluana Englaro) sul quale l’editore e premier aveva lui stesso puntato i riflettori.
A «Omnibus» abbiamo invece ascoltato un dibattito sugli stupri tutto tra donne. Partecipavano, da destra, Alessandra Mussolini, che criticava le ronde e la sottosegretaria leghista Francesca Martini, che le esaltava e proponeva pure l’elezione diretta dei magistrati. «In modo che - ha spiegato - il giudice eletto sia in sintonia con il sentire popolare».
Un «sentire comune» (secondo la definizione di Bossi) che ha il vantaggio di poter essere creato per mezzo di ben orchestrate campagne mediatiche. Cosicché il giudice non debba più rispondere alla legge uguale per tutti, ma all’editore di riferimento, come un Bruno Vespa qualsiasi. E il regime che non c’è diventi sempre più simile a quello che c’era.


domenica 22 febbraio 2009

Ronda su ronda (Travaglio)

L’esordio delle temibili ronde padane a Padova è andato al di là di ogni più rosea (anzi verde) previsione. Alcune decine di siori e siore in menopausa, pittorescamente addobbati da Carnevale della sicurezza e scortati da alcuni parlamentari di Lega e An a favore di telecamera, si sono mobilitati con aria minacciosa contro il crimine che notoriamente dilaga e altrettanto notoriamente suole passeggiare nel dopocena a volto scoperto per le strade e le piazze delle grandi città. Purtroppo l’altra sera, la sera della «prima», nessuno stupratore, rapinatore, borseggiatore, topo d’appartamento s’è fatto scovare e ammanettare dall’invincibile armata. Forse erano in ferie, o in pausa settimanale, o più probabilmente han preferito agire di nascosto, lontano da occhi e telecamere indiscreti. Magari svaligiando la villetta di un rondista, profittando della momentanea assenza del padrone di casa impegnato nella ronda. In compenso la pattuglia dei tutori dell’ordine privatizzato s’è imbattuta nella sua parodia speculare: la «Rondinella rossa» di Rifondazione comunista, anch’essa molto variopinta grazie alle maschere e ai cappellini del Carnevale tradizionale. Rondisti e controrondisti sono subito venuti alle mani: spintoni, insulti, qualche uovo marchiato col «Sole delle Alpi» padano. Fortuna che c’era la Digos, presente in forze a far da cuscinetto fra gli opposti rondismi per evitare guai peggiori. È la prova che le ronde servono: quando scendono in strada, la polizia deve dedicarsi a loro anziché ai delinquenti. Che ringraziano sentitamente il governo della sicurezza.
La loro."

Manifestazione nazionale Fiom e Funzione pubblica Cgil Piazza S. Giovanni, Roma, 13 febbraio 2009 Intervento di Gianni Rinaldini, segretario generale

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Manifestazione nazionale Fiom e Funzione pubblica Cgil
Piazza S. Giovanni, Roma, 13 febbraio 2009
Intervento di Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom
Compagne e compagni, ce l’abbiamo fatta, voi ce l’avete fatta, con la vostra partecipazione, con lo sciopero
in tutto il paese, con il sacrificio che ha comportato questo sciopero in una situazione di crisi.
Voi avete risposto, in questo modo, a tutti i tentativi del governo, della Confindustria e di tutti coloro che in
questi giorni, in queste settimane, in questi mesi, hanno utilizzato e utilizzano la crisi per dividere le
lavoratrici e i lavoratori, quelli privati dai pubblici, quelli a tempo indeterminato dai precari, le lavoratrici e i
lavoratori nativi dai migranti: non ce l’hanno fatta, lo dimostra questa manifestazione.
Noi manifestiamo non perché neghiamo la crisi, sappiamo benissimo che siamo di fronte a una crisi
drammatica, e lo sanno prima di tutto quelli che vengono colpiti dagli effetti della crisi. Quello che noi
diciamo è un’altra cosa, è che noi siamo in una situazione drammatica dal punto di vista sociale; nei prossimi
mesi questa situazione diventerà ancora più pesante.
Questo determina una vera e propria emergenza nazionale, una vera e propria emergenza sociale, perché
centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori che percepiscono 700 euro al mese, per un periodo così lungo,
semplicemente non arrivano alla fine del mese. E nello stesso tempo vengono licenziati tutti i precari e poi,
dalla sera alla mattina, ci comunicano la chiusura di questo o quell’altro stabilimento. Questa è una
situazione che inevitabilmente aumenterà tutte le tensioni e aumenterà anche i livelli di esasperazione.
E allora noi diciamo che per uscire da questa crisi bisogna partire da un punto fondamentale che è quello di
un intervento che costruisca una vera e propria rete di protezione sociale. È già stato detto, non voglio
ripeterlo, riguardo gli ammortizzatori sociali, la loro estensione a tutti i lavoratori, la continuità del rapporto
di lavoro, tutto ciò che permette di costruire le condizioni materiali per ragionare sull’uscita dalla crisi.
Ci dicono: «ma questo non è possibile, perché costa». E allora noi chiediamo: «ma come è possibile che
quando bisogna salvare le banche le risorse si trovano, quando bisogna salvare il sistema finanziario si
trovano, quando c’è da assumersi i debiti dell’Alitalia si trovano, e quando c’è da intervenire sulla condizione
dei lavoratori e delle lavoratrici c’è il debito pubblico, c’è lo 0,2/0,3% che modifica le percentuali?»
In realtà le risorse ci sono, solo che vengono utilizzate per alcuni ma non per i lavoratori.
Le nostre proposte sono attraversate da due concetti, fondamentali, ed è su questo che voglio ragionare con
voi. Il primo concetto è un filo che lega tutte le nostre richieste ed è quello della cultura e della pratica della
solidarietà, che oggi sono l’opposto della cultura dell’odio e dell’intolleranza, che è propria di questo governo
e della Confindustria, quella cultura dell’odio e dell’intolleranza che vuole dividere i lavoratori persino sulla
salute, che dice a quel lavoratore straniero ammalato: «o tu torni a casa tua, o resti clandestino, o puoi
anche morire, perché non hai diritto alla salute», ma il diritto alla salute è un diritto umano internazionale ed
è una vergogna che siano attuate misure di questo genere!
La cultura dell’odio è quella che è stata utilizzata a Pomigliano, all’Innse di Milano; è la cultura dell’odio
quella che dà indicazioni di intervenire con le forze di polizia per caricare i lavoratori che sono in lotta per la
difesa del proprio posto di lavoro oppure per far portare via i macchinari dalla fabbrica perché il padrone
vuol fare una speculazione edilizia.
Questa è la cultura dell’odio e dell’intolleranza. È quella cultura che porta a voler modificare il Testo unico
sulla sicurezza di fronte a una strage quotidiana. Non sono omicidi bianchi, chiamiamoli con il loro nome,
quella che avviene nel nostro paese è una strage quotidiana di infortuni sul lavoro!
E sapete perché vogliono cambiare il Testo unico? Perché dicono che costa troppo per le imprese, ci sono
troppe penali per le imprese, perché la loro idea dell’uomo, la loro idea del lavoratore è considerarlo alla
stregua di una merce, che in quanto tale viene utilizzata nel posto di lavoro.
Questo è il primo concetto che affermiamo: la cultura e la pratica della solidarietà.
Il secondo concetto è quello della democrazia. Lo strumento che insieme al conflitto sociale è a disposizione
dei lavoratori e delle lavoratrici.
Hanno fatto un accordo separato, un brutto accordo che programma un’ulteriore riduzione del potere
d’acquisto e nega l’autonomia del sindacato. Noi manifestiamo con spirito unitario e diciamo, anche rispetto
alle dichiarazioni strampalate di questa mattina che Bonanni e altri hanno fatto: «noi siamo disponibili a
firmare anche un accordo che consideriamo un brutto accordo, se voi siete disponibili ad andare nelle
assemblee a discutere con i lavoratori e le levoratrici e sottoporre quell’accordo al voto di tutti i lavoratori e
di tutte le lavoratrici».
Se le lavoratrici e i lavoratori ci dicono che quell’accordo va bene, anche se noi non lo condividiamo, a quel
punto lo firmiamo perché noi abbiamo un unico vincolo e siamo legittimati in un solo modo: la legittimazione
deriva dal voto democratico di chi vogliamo rappresentare.
Pensateci, quando un sindacalista, ognuno di noi, è al tavolo di trattativa, si pone un problema: io sono qui
seduto a questo tavolo in base a quale legittimazione? Non ci sono molte risposte, ci sono solo due
possibilità: o la legittimazione che io ho a quel tavolo me la danno le lavoratrici e i lavoratori che voglio
rappresentare o, attenzione, se la legittimazione non è questa, è quella che ti dà la controparte, che usa la
sua controparte come elemento, questo sì, di divisione per le lavoratrici e i lavoratori.
E allora, sia chiaro, noi chiediamo una ricomposizione unitaria sul terreno della democrazia. Se non è così, se
questo non è possibile, noi non siamo disponibili ad accettare una usurpazione autoritaria nei confronti dei
lavoratori e delle lavoratrici. Quello che lì c’è scritto, i vincoli che sono scritti in quell’accordo, non ci
riguardano e non li rispetteremo!
E la scelta che ha fatto la Cgil di chiedere il referendum è una scelta di grande significato, che è anche uno
spartiacque, perché è evidente che d’ora in poi l’insieme della Cgil, nelle sue diverse categorie, non può che
assumere la democrazia e il voto dei lavoratori come elemento decisivo nei rapporti unitari con le altre
organizzazioni.
Infine mi chiedo, c’è un rapporto tra quello che sta succedendo, quello che verrà discusso nelle prossime
settimane, nei prossimi mesi, quello che riguarda le istituzioni nel nostro paese? Ho un sospetto, spero che
rimanga tale: per poter attuare quell’accordo separato hanno bisogno di intervenire sul diritto di sciopero,
limitarlo, togliere la titolarità del diritto di sciopero ai lavoratori per ricondurla a capo delle organizzazioni
sindacali. Perché temo che ci sia un progetto, un’operazione autoritaria a tutto campo di assetto di questo
paese, e leggo anche in questo modo le dichiarazioni fatte dal presidente del Consiglio sulla Costituzione;
non sono dichiarazioni nuove, le ha già fatte alcuni anni fa, e mi ricordo che allora disse che bisognava
partire dall’articolo 1 della Costituzione, laddove si dice che questa è una «Repubblica fondata sul lavoro».
Ora, noi pensiamo esattamente l’opposto, noi pensiamo che la Costituzione è stata scritta in quella che è
stata la più gloriosa fase storica di questo popolo, quella della Resistenza e della lotta antifascista.
Ci sono altre pagine, altre fasi storiche di cui ci dobbiamo vergognare. Ci dobbiamo vergognare del fascismo
e di essere stati corresponsabili di una Seconda guerra mondiale con 50 milioni di morti. Quelle sì che sono
fasi vergognose della nostra storia, della storia di un popolo che ha riacquisito una dignità per poter parlare
con gli altri popoli grazie a quella lotta antifascista che ha permesso di costruire una Costituzione
democratica. E allora il problema vero non è quello di cambiare la Costituzione, ma di attuarla, a partire dal
diritto al lavoro e dal diritto a uno Stato sociale.
Oggi, questa piazza, questa manifestazione, i sacrifici che sono stati fatti – non è semplice fare sciopero
dove ci sono due settimane di cassa integrazione, ma è proprio questo che dà maggiore valore alla nostra
iniziativa – vogliono dire questo: non pensino, non s’illudano che utilizzando la crisi possono pensare di
sconfiggere questo popolo, noi lo abbiamo dimostrato oggi, lo faremo nelle prossime settimane e nei
prossimi mesi. Svilupperemo tutte le lotte necessarie perché, badate, di fronte all’esasperazione, al disagio
sociale, vi è la necessità che ci sia un’organizzazione – e oggi questa organizzazione è la Cgil – che sia
un’organizzazione di massa, di tenuta democratica all’interno di questo paese, rispetto a chi cerca di
utilizzare il disagio sociale per aprire altre strade che sono quelle della divisione e della contrapposizione.
Grazie a voi per la partecipazione, grazie a voi per avere organizzato questo sciopero. Viva la Funzione
pubblica, viva la Fiom, viva la Cgil!

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